In arrivo a L’Aquila la Banca del Tempo

L’Aquila in Transizione parteciperà alla nascente iniziativa della Banca del Tempo, una banca speciale in cui le persone dedicano una parte del loro tempo a scambiarsi reciprocamente saperi, attività, servizi in modo gratuito e paritario e instaurando un rapporto di fiducia. Il meccanismo è molto semplice: ciascuno mette a disposizione ciò che sa fare e riceverà in cambio un altro servizio per cui non ha tempo o capacità: giardinaggio, dog sitting, scambi culturali, bricolage, disbrigo di pratiche, faccende domestiche e tante altre cose ancora. Ne sapremo di più sabato 16 giugno alle 17 alla Casa del Volontariato.

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Riportiamo un articolo di Carlo Infante che sintetizza l’incontro “Città intelligenti e ricostruzione partecipata” che si è svolto a L’Aquila lo scorso 6 giugno 2012. La nostra Gabriella ha dato il suo contributo raccontando l’esperienza di L’Aquila Transition Town.

Come tradurre la crisi radicale di un terremoto nella crescita di una città intelligente di Carlo Infante
“Abbiamo ancora negli occhi le immagini devastanti del terremoto in Emilia, ma allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare la tragedia tellurica che ha ferito L’Aquila, dove la ricostruzione è ancora irrisolta, dopo tre anni di azioni-spot e soluzioni parziali che hanno messo in ginocchio un’intera comunità. Leggi il seguito di questo post »

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Conferenza “Urban Center o Casa della Città”

L’Associazione  PANTA REI di promozione sociale – Comitato CONACREIS per l’Abruzzo, con il patrocinio del Comune dell’Aquila  presenta:
18 novembre ore 17.00 – sala convegni CARISPAQ Complesso Strinella 88-L’Aquila
Conferenza:  “Urban Center o Casa della Città, uno spazio di informazione e di dialogo per la progettazione condivisa del futuro della città“
con l’Urban Center di Bologna
con la partecipazione dell’associazione Policentrica dell’Aquila.
Interverranno l’arch. Giovanni Ginocchini, esperto di percorsi partecipativi e l’arch. Francesco Evangelisti, coordinatore dell’Urban Center di Bologna.
Sarà un  incontro particolarmente importante per conoscere esperienze che possano aiutarci a creare anche a L’Aquila un modo per coinvolgere e condividere idee e progetti.
– Ingresso libero

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L’esigenza di partecipare: l’area di San Bernardino come modello di progetto condiviso

Essere informati come cittadini e partecipare attivamente alla progettazione e alle decisioni che interessano la comunità di cui ci si sente parte, è un’esigenza che si è manifestata già da anni  in molte città del mondo occidentale e italiane, con una conseguente ascesa di un processo partecipativo che ha dato luogo a varie esperienze e, in varie realtà, anche italiane, alla sua formalizzazione istituzionale.

L’Aquila ha vissuto un evento eccezionale e vive una condizione del tutto particolare che certamente segnerà la sua storia. Nessuno di quelli che vorranno partecipare con idee o azioni concrete alla costruzione della nuova città materiale e immateriale, potrà perciò essere escluso, pena l’acuirsi dei conflitti tra i vari attori e la perdita di un’ importante occasione di condivisione e di crescita.

Dopo la presentazione del progetto sull’area di San Bernardino da parte del Comune e delle differenti posizioni emerse sul futuro della scuola De Amicis, considerato che l’Amministrazione comunale ha posto in tale area la localizzazione del futuro Urban Center, si potrebbe attivare proprio per questa area un percorso di “progettazione partecipata” come primo esempio di un diverso modo di affrontare le decisioni per la città. Un percorso gestito da professionisti della partecipazione che faccia uso di metodi di comunicazione consolidati da effettuare in tempi definiti potrebbe arricchire di nuove idee il progetto presentato e permettere di giungere a una sintesi condivisa.

de_amicis

E’ una esperienza che andrebbe certamente verso quella maggior consapevolezza e condivisione di intenti che tutti auspicano e che potrebbe fornire una prova sul campo di un nuovo modo di gestire la progettazione della città di domani.

Nelle tante esperienze già fatte in varie regioni italiane, le Istituzioni locali e in particolare i Comuni hanno avuto un ruolo fondamentale nel promuovere la partecipazione come elemento fondante della governance cittadina, coinvolgendo i portatori di interessi con percorsi specifici, definiti da professionisti della “partecipazione”, sia per costruire piani strategici, sia per concordare progetti di recupero di aree urbane.

Nell’attuale situazione, in città, c’è quella spinta particolare a voler dare idee e contributi concreti in molti cittadini che va sicuramente stimolata e utilizzata dato che  il “pensiero collettivo” che si sviluppa e si accresce con le idee di molti può portare a migliori risultati. Esistono le tecniche, esistono i mezzi per poterle applicare pertanto non è più rinviabile il riconoscimento al cittadino non solo di diritti privati, ma anche di diritti collettivi nel senso che egli può agire nell’interesse comune dell’intera Collettività di cui è parte. E’ per questo che, facendo propri principi normativi, nonché  norme e prassi già stabilite in altre realtà italiane, si ritiene indispensabile e urgente che le Istituzioni locali  applichino e rendano  parte integrante di procedure decisionali, percorsi di progettazione partecipata.

di Maria Rita Acone – Associazione Panta Rei – L’Aquila città di transizione

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Verso un Urban Center a L’Aquila?

Riprendiamo dalla rivista on line Comunicatori e Comunicazione n. 155 l’articolo “Verso un Urban Center a L’Aquila?”

“Sarebbe probabilmente poco lungimirante da parte della Pubblica Amministrazione non saper cogliere il rinnovato fermento che sembra pervadere la società civile, divenuta in grado, negli ultimi mesi, di creare dibattito soprattutto tramite i media sociali e trasformarsi in una sfera pubblica capace di generare opinione e, talvolta, di influenzare comportamenti. Discorso valido tanto più in un contesto come quello aquilano in cui la posta in gioco è evidentemente troppo alta perché si proceda con la faticosa gradualità cui siamo abituati. Il processo di evoluzione delle Pubbliche Amministrazioni teso a porre il cittadino al centro delle azioni e dei servizi pubblici, che affonda le sue radici negli ormai lontani anni ’90, necessita cioè sul territorio aquilano di un’urgente accelerazione.

Ma un Urban Center a L’Aquila non dovrà nascere solo per questo. Dovrà piuttosto maturare, per rispondere a un’esigenza solo apparentemente duplice: quella dei cittadini di essere informati, di conoscere e di partecipare ai processi pubblici decisionali della ricostruzione e quella della Pubblica Amministrazione di garantire trasparenza e raccogliere e far fruttare tutte le potenziali risorse che il territorio offre. Due facce della stessa medaglia verso un unico obiettivo: mettere in comune le informazioni, far dialogare la città e attivare operativamente una ricostruzione efficace e partecipata.

Urban Center non solo luogo di informazione, quindi, ma anche di dialogo e di catalizzazione delle idee, delle competenze e delle risorse territoriali. E ancora, un soggetto in grado di promuovere e attivare quei percorsi di urbanistica partecipata che, dopo i primi esperimenti torinesi e romani di diversi anni fa, sono ormai divenuti in diverse zone d’Italia, come ad esempio a Bologna, una vera e propria modalità di lavoro sancita da norme comunali e/o regionali.
Un Urban Center a L’Aquila dovrebbe, quindi, da un lato, fornire una risposta concreta alle crescenti aspettative di cittadini sempre più consapevoli dei propri diritti e, dall’altro, essere un elemento di facilitazione nella gestione del capitale sociale del territorio. Un soggetto, cioè, aggregatore e moltiplicatore di quel “quarto istinto”, per dirla con la definizione di Rifkin, che spinge ad andare oltre i desideri meramente egoistici e d’ambizione includendo nella prospettiva d’interessi di ciascuno anche la comunità in cui si vive. Secondo la prospettiva europea si parla a questo proposito di innovazione sociale, intesa come la capacità di una società di affrontare e risolvere i suoi problemi socio-ambientali facendo leva sull’intelligenza collettiva che è presente in ciascuna di esse.

Questo “democratizzare”  la democrazia si tradurrebbe innanzitutto nella capacità di generare open data, vale a dire trasparenza e coinvolgimento diretto dei cittadini, fino ad arrivare a un vero e proprio open government della ricostruzione. Con l’espressione  “governo aperto”  si identifica una nuova etica di governance, che garantisce l’apertura e la trasparenza delle Amministrazioni nei confronti dei cittadini mediante un ripensamento dei modelli e degli strumenti, primi fra tutti le nuove tecnologie, elementi imprescindibili per l’attuazione di una simile impostazione di co-working.

La promozione del confronto pubblico sulle decisioni da prendere e da portare avanti per ridare vita al territorio aquilano risulta quindi la tappa fondamentale per trasformare i cittadini da semplici destinatari di azioni e decisioni ad attori sociali di un processo realmente bottom-up, che si snoda  e si sviluppa, dal basso verso l’alto: un grassroots movement, come alcuni preferiscono chiamarlo, per evitare qualsiasi tipo di giudizio di valore e porre le Istituzioni e la comunità locale sul medesimo piano.

In tale prospettiva ogni processo decisionale si fonderà su almeno tre elementi: la partecipazione dei cittadini, l’uso delle nuove tecnologie e l’attivazione di strumenti di verifica e di controllo.

Non è banale sottolineare che la precondizione a che ciò si verifichi è l’esistenza di un rapporto di fiducia tra Istituzione e cittadino, dal momento che nessuna comunicazione può essere efficace a prescindere dalla credibilità della fonte della comunicazione stessa.

La ri-costruzione della fiducia a sua volta passa inevitabilmente, da parte della Pubblica Amministrazione, non solo in una consapevole assunzione del rischio insito nel concetto di apertura e disponibilità alla condivisione e quindi anche a forme di monitoraggio e di controllo, ma anche in un investimento di risorse verso la professionalizzazione e la creazione/modificazione delle strutture organizzative necessarie (ad esempio Urban Center), elementi indispensabili a garantire la non episodicità della relazione con la comunità locale, ma anzi la continuità del partenariato.

Gli strumenti già esistono, ma è ancora necessario investire sull’abbattimento di quella barriera di natura culturale che ostacola la messa in moto del cambiamento di prospettiva.

Una ricostruzione efficace della città difficilmente potrà non fare leva su un’alleanza di risorse e di pensieri che si organizzano e che, sulla base di patti trasparenti e regole condivise, dia impulso a un serio e competente lavoro di pianificazione”.

di Fabrizia Petrei

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SbarcoGas L’Aquila 2011

Convegno Nazionale Gas e Des – L’Aquila 24 > 26 giugno 2011

“Coltivate le amicizie, incontrate la gente. Voi crescete quanto più numerosi
sono gli incontri con la gente, quante più sono le persone a cui stringete
la mano. Coltivate gli interessi della pace, della giustizia, della solidarietà,
della salvaguardia dell’ambiente” (Don Tonino Bello)

APPUNTAMENTO A VENERDI’, SABATO E DOMENICA!!!

Perchè a L’aquila

Il programma:

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Conferenza Via XX Settembre e la Villa Comunale

Ripartire e far rivivere pezzi di città significa prima di tutto conoscere il passato dei nostri luoghi e da lì iniziare a ricostruire il nostro presente e il nostro futuro.

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Organizzare Eventi sostenibili

Non mi ero mai soffermata più di tanto a riflettere sul fatto che la mia partecipazione a convegni, conferenze ed eventi culturali o di altra natura, così come l’organizzazione degli stessi, avesse un impatto sull’ambiente tutt’altro che trascurabile. Fin quando, stamattina, ho partecipato a un corso di formazione sull’organizzazione di eventi sostenibili e sugli acquisti verdi che mi ha acceso diverse lampadine.

Pensiamo alle tonnellate di rifiuti che si producono durante un evento di medie o grandi dimensioni, alla rete di trasporti messa in moto, ai materiali utilizzati per gli allestimenti, per non parlare della quantità di carta stampata e trasformata in volantini, locandine, brochure, attività di segreteria!

Insomma, un consumo di risorse “puntuale” e “temporaneo”, cioè tutto concentrato nei soli giorni in cui l’evento ha luogo, dall’evidente impatto ambientale.

Cosa dunque rimane da fare a un ente pubblico o privato deciso a portare avanti le proprie iniziative fieristiche, culturali, musicali, religiose e quant’altro, in un momento come quello attuale in cui la sensibilità verso l’ambiente sembra essere in crescita anche a livello di opinione pubblica? Rendere il proprio evento più sostenibile attraverso una serie di scelte e comportamenti. È bene sottolineare che è impensabile rendere un evento “verde” da un giorno all’altro e dall’inizio alla fine, ma sono talmente numerose le possibilità che si hanno di fronte che, anche con budget limitati, ci si può indirizzare verso almeno alcune delle strade percorribili.

A partire dall’organizzazione, ovvero la fase pre-evento: segreteria e promozione. Ridurre la quantità di carta utilizzata, sfruttando il retro di fogli già stampati per bozze e documenti interni, fare la raccolta differenziata, scegliere prodotti di cancelleria con marchio ambientale (es. Ecolabel), privilegiare modalità comunicative dell’evento alterative a quella cartacea, ecc. Quando si parla invece di erogazione dell’evento ci si riferisce a tutto ciò che concerne la location, il catering, la scenografia, le strutture ricettive, la mobilità. Spazio alla fantasia ma, soprattutto, alla responsabilità sociale: dunque considerare gli aspetti energetico-qualitativi della location, privilegiare la fornitura di prodotti e servizi ecologici (es. gadget), un catering ecologico e a km zero e, soprattutto, occhio alla gestione dei rifiuti. Ho organizzato la raccolta differenziata all’interno degli spazi? Se sono previsti pranzi o buffet, come prevedo di disporre i punti di raccolta del materiale organico? Sono sicura che andranno a finire in un impianto di compostaggio? Sono sicura che i visitatori e gli addetti alle pulizie abbiano chiaro dove gettare ogni cosa? La mia comunicazione a questo proposito può dirsi chiara?

Per fare un esempio, andiamo al Salone Internazionale del Gusto che, nell’ultima edizione del 2010, ha investito molto impegno ed energia nell’organizzare un grande evento a basso impatto ambientale. Durante i giorni del Salone sono state differenziate 91,58 tonnellate, pari al 58,5% del totale prodotto. Erano state previste le raccolte differenziate di tutte le frazioni (plastica, carta, lattine e vetro, organico, legno e sughero, olio esausto e rifiuto indifferenziabile) presidiate da volontari di Legambiente che hanno aiutato i visitatori a porre il rifiuto nel contenitore giusto. In aggiunta a ciò, in tutti gli spazi gestiti da Slow Food sono state utilizzate solo stoviglie biodegradabili compostabili (cioè quelle da gettare nella raccolta dei rifiuti organici destinati a generare il compost) con un risparmio di 10,6 t di CO2 rispetto alle stoviglie polimeriche.

Anche nell’ultima fase di un evento, congedo e smontaggio, si può fare molto. Basti pensare a cosa può significare massimizzare l’efficienza del trasporto, sia delle persone (es. predisponendo navette o autobus euro 5) che delle merci (privilegiando prodotti e fornitori del territorio e mezzi per l’interno elettrici o manuali), ponendo inoltre attenzione ai materiali utilizzati per l’allestimento: perché scegliere ad esempio la moquette per il mio stand se so che poi andrà dritta in una discarica anziché preferire materiali riutilizzabili?

Insomma, utili e svariate idee per chi promuove eventi ma anche per chi semplicemente vuole organizzare una festa di compleanno amica dell’ambiente.

Fabrizia Petrei

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Un pomeriggio di Transizione a Bologna

Nell’ambito del Green Social Festival, in scena a Bologna dal 9 al 12 marzo 2011, il pomeriggio di oggi – 11 marzo – è stato dedicato al movimento della Transizione.

Nel convegno CITTÀ IN TRANSIZIONE: IN CAMMINO VERSO UN MONDO OLTRE IL PETROLIO è intervenuto in videoconferenza Daniel Lerch Program Director del Post Carbon Institute che ha illustrato il panorama economico e ambientale degli ultimi anni, spiegando quali sono le ricadute economiche e sociali del cambiamento climatico e del picco del petrolio. Tracciato uno scenario in cui, anche alla luce dei recenti risvolti della crisi libica e dell’aumento del prezzo del petrolio, non è più pensabile immaginare un futuro che non passi per un reale cambiamento dei fondamenti del nostro stile e sistema di vita, a Robert Hopkins, anch’egli collegato via skype, è stato dato il compito di tracciare le possibili soluzioni e le vie percorribili in questa direzione. Il co-fondatore di Transition Town Totnes e del Transition Network ha quindi esposto  il progetto Transition Towns, definendolo come una strategia nata per prepararsi allo shock petrolifero e affrontare la decrescita energetica in modo sereno, riscoprendo il valore e il piacere della comunità.

Robert Hopkins ha raccontato la nascita della prima Transition Town nel 2006, a Totnes, piccola realtà inglese e di come, a partire da quella esperienza, grazie a un formidabile passaparola, abbia preso il via il movimento della Transizione, attualmente attivo a livello globale.

Resilienza e localizzazione le parole chiave per transitare verso una società in grado di guardare realmente al futuro. Capacità quindi, di adattarsi ai cambiamenti, anche traumatici, che vengono dall’esterno e di ricostruire il sistema dei rapporti tra gli uomini, e tra gli uomini e il pianeta che abitano. Inoltre, valorizzazione delle risorse locali e riscoperta delle relazioni.

Piccole e grandi idee pratiche e riflessioni sulle modalità di realizzazione hanno quindi trovato spazio nella discussione della sala gremita, in un interessante dibattito coordinato da Cristiano Bottone, Vicepresidente Associazione Transition Italia e Transition Italia, oltreché promotore del movimento di transizione di Monteveglio, la prima esperienza in Italia, che ha raggiunto recentemente un importante risultato: la delibera comunale di Fuoriuscita dal petrolio e dai combustibili fossili attraverso un Piano di Decrescita Energetica che renda Monteveglio un Comune Post Carbon.

Creatività, spontaneità e diversità: queste le chiavi per pervenire gradualmente a un modello di società sostenibile e non dipendente dal petrolio.

Un pomeriggio, quindi, ricco di stimoli e di nuove idee anche per L’Aquila Transition Town e per la nostra provata comunità, la cui rinascita dovrà necessariamente passare attraverso proposte dal basso fattive e basate sul buon senso, la ricomposizione delle relazioni, la valorizzazione delle risorse locali e una ricostruzione partecipata, sostenibile, a misura d’uomo e del nostro territorio.

di Fabrizia Petrei

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Mini Convegno “Largo ai giovani!”

L’Associazione di Promozione sociale Panta Rei presenta il convegno “Largo ai giovani!” con la partecipazione di:

dott.ssa Roberta Leuzzi – archeologa: “L’Archeologia come scoperta della memoria del paesaggio

dott.ssa Chiara mastrantonio – psicologa: “Creatività, una risposta che apre

dott.ssa Fabrizia Petrei – dott.ssa comunicazione sociale e dott.ssa Francesca Petrei – phd statistica economica: “Dinamiche migratorie e sociali nel post-sisma aquilano

dott. Francesco Paolucci – giornalista: “Giovani terremotati o terremutati?”

c/o sala convegni della cassa di risparmio dell’Aquila nel complesso Strinella 88 – L’Aquila

Ingresso libero

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